Che lavoro facevi? Le traduzioni?

Purtroppo è così che molte volte viene definito il mio lavoro. O meglio, il mio non-lavoro, il qualcosa che faccio per guadagnarmi qualche spicciolo mentre sono a casa.

Quando, a chi chiede informazioni riguardo la mia professione, dico: “Sono traduttrice”, la risposta automatica che esce dalle bocche delle persone è: “Ahhh, fai le traduzioni insomma”. Come se fosse un corso di spinning in palestra. Bè no, forse quello è ben più importante per mantenere la linea.

Io mi irrigidisco, sfodero il mio sorrisino tirato, e cambio discorso.

Il problema non è che le persone classifichino il nostro lavoro come tale per farci un dispetto, ma perché non hanno la più pallida idea di che cosa sia, di cosa comporti un buon testo tradotto, di quanto lavoro e sforzo ci voglia per creare una traduzione da uno scritto che a volte, ahimè, risulta quasi incomprensibile nella lingua sorgente.

Da qui ne deriva la relativamente poca richiesta di traduzioni dall’inglese o dallo spagnolo da parte delle aziende, perché “tanto si arrangiano loro con i dipendenti interni che bene o male sanno un po’ di inglese”, oppure che “capiscono perfettamente lo spagnolo perché è praticamente uguale all’italiano”.

Poi succedono cose come questa:

http://www.expo2015contact.it/traduzioni-professionali-expo-2015-inciampa-sullinglese/

e allora casca l’asino.

Avete voluto risparmiare non chiamando traduttori professionali, o meglio, persone che “fanno le traduzioni” di lavoro nella vita?

Allora beccatevi le risate da parte dei lettori del testo meta.

Purtroppo finché non ci sarà un albo che ci tuteli, sarà impossibile rendere consapevole coloro che non fanno parte del nostro cerchio di topi da biblioteca dell’importanza della nostra Professione. Sì, Professione con la “P” maiuscola, alla faccia di quanti credono che siamo semplicemente dei laureati attaccati al computer tutto il giorno a fare ciò che un buon commerciale estero di un’azienda potrebbe fare guadagnandosi il pane in un ufficio.

Lo stesso discorso vale per chi crede che pagando poco una traduzione il risultato sia il medesimo.

Rispettando i prezzi reali del nostro mercato rispetteremo noi stessi. Per questo motivo io mi rifiuto di lavorare con aziende che offrono cifre come EUR 0,04 a parola no match per testi legali o tecnici altamente specializzati, e meno della metà di un centesimo di euro per i fuzzy. No signore, preferisco rimanere senza lavoro o tradurre per organizzazioni ONLUS per approfondire la mia esperienza in un determinato ambito professionale.

È proprio per questo che oggi ho deciso di sfoderare il logo del movimento No Peanuts! nel mio blog, sperando che sempre più persone si rendano conto che non siamo scimmiette, che noi svolgiamo un mestiere serio e alquanto complicato, e non lavoriamo per noccioline!

Per saperne di più, fate clic sul link a continuazione:

http://nopeanuts.wordpress.com/

No Peanuts Movement!

Noi siamo degli architetti del linguaggio e ci meritiamo la giusta considerazione nel nostro adoratissimo lavoro.

Approfitto dell’argomento trattato in questo articolo per ringraziare la collega Chiara Bartolozzi per la perla di Mona Baker che ha pubblicato sul suo blog:

Baker

Buon lavoro a tutti! 😀

 

Pubblicato da

Chiara Scaramelli

Traduttrice fin da prima di sapere di esserlo, da piccola il mio passatempo preferito era creare glossari su qualsiasi pezzo di carta trovassi a tiro. Adesso ne ho fatto una professione. Il mio motto? Studia, viaggia, incontra persone. Poi continua a farlo, per tutta la vita.

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